ARCHITETTURE SENZA PESO
Partita dalla pittura Franca Sonnino ha presto avvertito l’esigenza di conquistare la terza dimensione, prima inserendo nel quadro spaghi e altri elementi aggettanti, poi passando a intrecci, maglie lavorate con i ferri, reti annodate, per accamparsi infine nello spazio con vigorose strutture sempre di marca tessile. In questo modo l’artista unisce materiali e procedimenti da sempre associati alla donna – il filo, la tessitura- a una vocazione architettonica che si è andata manifestando sempre più chiaramente. A cominciare da un’autentica dichiarazione di poetica: “il Muro appeso a un chiodo”.
Si tratta di una parete in costruzione, fatta di mattoni forati accostati e sovrapposti, realisticamente realizzati in filo color mattone su un’anima di filo metallico. Ma è un muro senza peso, si può appendere a un chiodo, poiché ha tutta la leggerezza della fantasia.
Le opere della Sonnino giungono a compimento per lenta progressione, con una crescita organica, segmento dopo segmento, maglia annodata dopo maglia. Come i prodotti di natura, ricusano gli astratti rigori euclidei, non sono mai regolari o perfettamente simmetriche. Le ceste si infittiscono e dilatano secondo proprie interne pulsazioni, le pareti fioriscono in misteriosi germogli, i libri accartocciano pagine di refe catturando le vampe dell’estate, o l’azzurro e i bagliori delle onde.
Queste note di colore non sono molto frequenti. Di norma la Sonnino preferisce limitare la sua scala cromatica al bianco e al nero, con il tono intermedio delle ombre proiettate, che fanno parte integrante dell’opera, come del resto il vuoto acquista una sua forma precisa.
Ne derivano costruzioni calibrate di sorprendente modernità. Infatti se da un lato è spontaneo l’accostamento a dati naturali come tele di ragno, crisalidi dissecate, carapaci o corazze di insetti, si impone anche il rinvio a due ambiti schiettamente attuali. Alcuni oggetti della Sonnino ricordano infatti certe maquettes viste a Venezia nell’ultima biennale di architettura: progetti appartenenti alla linea organica sviluppatasi dal decostruttivismo di Gehry. Ciò conferma la vocazione di cui si è già parlato. Ma l’artista si proietta anche verso l’infinitamente piccolo e altre opere fanno pensare a quei moduli informatici che visualizzano graficamente l’intima struttura di cellule o di microrganismi. Nel costruire, lentamente, con le mani, le sue trame aeree, Franca Sonnino sembra indagare il mistero della crescita, le origini della vita, e ricongiunge così, grazie al sortilegio dell’arte, futuro e passato, scienza e mito.
Franca Zoccoli
(presentazione della mostra: La forma del vuoto di Franca Sonnino, Complesso del Vittoriano, Roma, 2005